mercoledì 20 novembre 2013

17 giorni di astinenza

E' da tanto che non scrivo, esattamente da 17 giorni, e sto bene. Mi sento come se mi fossi svuotata e ora mi ritrovo così, senza un granché di cui scrivere o parlare. Allora mi sono chiesta: come scelgo gli argomenti di cui scrivere? Perché di una cosa scrivo e di un'altra no? 

Non lo so. 

Ho realizzato, però, di aver scritto parole su parole sull'uomo stronzo dalle gambe belle e nessuna su un'altra persona che, nell'ultimo anno, è stata altrettanto presente nella mia vita. Nessuna parola fino a qualche giorno fa quando, appoggiata alle mattonelle del bagno, mi hanno detto che c'è una che lo defisce il suo fidanzato. Quindi sono tornata al mio posto, ho aperto word e ho scritto questo:

Non ha le gambe belle. Non ha la bici bella. Non ha tatuaggi. Non è – almeno visibilmente -stronzo. Non si porta appresso una scia di fascino irresistibile. Non ha in testa un'insegna luminosa e lampeggiante con scritto MASCHIO.
Eppure.
Eppure gli hai permesso di avvicinarsi a te.
Eppure gli hai permesso di mangiare a casa tua, con te.
Eppure gli hai permesso di dormire a casa sua, con te.
Eppure gli hai permesso di andare in giro in motorino, il sabato mattina, con te.
Eppure gli hai permesso di dirti che sei bella.
Eppure gli hai permesso di baciarti nel bagno della balera.  

Io non lo so perché una cosa la scrivo e un'altra no, però so che questa è l'unica cosa che scriverò su di lui perché ho nostalgia di quando scendevo in pigiama ad aprigli il cancello per fargli parcheggiare il motorino in cortile. 
Ho nostalgia di quando mi diceva che gli lasciavo un sacco di capelli per casa. 
Ho nostalgia di quando, di notte, aprivo gli occhi e non era andato via.





domenica 3 novembre 2013

Le mutande coi pupazzetti




Quando ero piccola, desideravo molto le mutande con i pupazzetti. Mi sarebbero andate bene anche con degli altri disegni, a dire la verità: tutto tranne le solite mutande bianche che, tra le altre cose, ero l’unica a indossare.

Noi femmine iniziamo subito ad andare in bagno minimominimo in due e alle elementari, se la maestra era buona, ci faceva andare anche in 3. E lì, chiuse nel bagno, una faceva la pipì, una reggeva la porta (anche se c’era il comesichiama per chiuderla) e un’altra stava lì a non fare niente. Ecco, tranne quando toccava a me fare la pipì, io stavo lì a tenere la porta o a non fare niente e guardavo le mutande delle mie amichette. Erano bellissime, tutte colorate e piene di disegni. Mi piacevano in particolar modo quelle di Giorgia con i palloncini tutti colorati. Mi mettevano allegria tutti quei palloncini, ed ero sicura che sarebbero stati bene anche sulle mie, di mutande.
Le desideravo tanto al posto delle mie tristissime mutande bianche, tutte uguali, tutti i giorni.

Così un giorno mi sono fatta coraggio e ho detto alla mamma che mi sarebbe piaciuto tanto avere delle mutande con i pupazzetti. La sua risposta non me la rcordo, ma ricordo molto bene la sensazione di tristezza che ne seguì.
Niente mutande con i pupazzetti.

Ora però sono grande e posso comprare tutte le mutande con i pupazzetti che voglio da aggiungere alla collezione che finora comprende:
  • ancorette blu
  • fari rossi che mi fanno pensare alla Lanterna di Genova
  • cime (per i non mariani: corde)
  • libellule rosa
  • carote
  • coniglietti
  • angurie fuxia
  • tartarughe che vanno in moto
  • ciliegie
  • piante
  • stelline
  • nuvole
  • fiori con tanto di nome in latino scritto sotto
  • figure geometriche di vario genere
E non mi importa delle 15enni zoccole che mentre io guardo le mutande con i pupazzetti ridacchiano e dicono “certo che con quelle sei veramente inchiavabile” perché, poverine, non sanno di che cosa parlano e poi io volevo le mutande con i pupazzetti.

Volevo le mutande con i pupazzetti e adesso ce le ho.