Non sono mai stata una persona particolarmente ordinata: vivo bene nel mio disordine, trovo comodo avere tutte le cose che mi servono a portata di mano e non mi disturba avere 3 o 4 paia di scarpe in giro per casa. Sta tutto lì, se mi serve lo uso altrimenti lo ignoro. Arriva sempre un momento, però, in cui quel disordine diventa insopportabile, troppo simile ai pensieri disordinati che ho nella testa. Inizia, allora, l'operazione ordine fuori-ordine dentro.
Quando arriva l'operazione ordine fuori - ordine dentro significa che ho bisogno di ordine, simmetria, scarpe appaiate, tavolini allineati, cappotti nell'armadio, posate nel primo cassetto, piatti nel quarto ripiano della vetrinetta - quella a sinistra - e via dicendo.
Riordinare - e pulire- fuori, mi regala l'illusione di pulire e riordinare anche dentro. Strofinare, sciacquare, insaponare, piegare, mettere via oggetti, vestiti e cianfrusaglie varie è come farlo con i pensieri. Una forchetta nel cassetto = un pensiero nel cassetto. Un paio di scarpe nella scarpiera = un pensiero nella scarpiera. E così via.
Alla fine del rituale ordine fuori-ordine dentro i pensieri disordinati se ne stanno profumati al loro posto e ci restano per qualche tempo, fino a che, probabilmente annoiati, non torneranno da me. E allora io li accoglierò, li nutrirò e li terrò con me. Fino al prossimo rituale.
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