martedì 24 dicembre 2013

Pensieri superficiali e pelle splendida

Volevo un pensiero superficiale che rendesse la pelle splendida quindi ho comprato questo:














Manuel, perdonami.

lunedì 23 dicembre 2013

Forse non ci siamo capiti - Babbo Natale io ti uccido

Caro, carissimo Babbo Natale,
che cosa c'è di non chiaro nelle mie letterine?
Ti prego, dimmelo, perché a questo punto mi pare chiaro che il problema sia il mio modo di sottoporti i miei desideri.
Qualche giorno fa, nella mia piccola letterina, ho scritto: 

Ero già pronta a pubblicare la mia letterina a Babbo Natale con le mie richieste sgangherate, con  riferimenti a quella dell'anno scorso, alle braccia tatuate che avevo chiesto e ho effettivamente avuto, con una lista di caratteristiche extra oltre al cervello fino (tipo il non esser sposati-fidanzati-separati-con-figli-a-carico) ma no, non lo farò.
Quella letterina resterà tra le bozze e nessun babbo natale la leggerà mai, perché la verità è che
 IO - NON - VOGLIO - NIENTE. 
Anzi, una cosa sì: vorrei piangere solo per le cose belle.

Ecco, evidentemente si rende necessario un chiarimento: la questione del non essere sposati-fidanzati-separati-con-figli-a-carico VALE LO STESSO come richiesta. A dirla tutta, è una di quelle cose belle che mi farebbe piangere quindi, ti prego, me lo fai 'sto regalo?

Perché ora, quello lì, dopo avermi dato della stronza impertinente, dopo avermi detto che l'altra sera alla festa belin, gli auguri glieli potevo pure fare, ora mi scrive, mi chiede che cosa faccio, dove sono e se sono già partita.

Che dobbiamo fare, ricominciamo da capo?
Direi di no. Avremmo dovuto riparlarne in autunno ma, per fortuna, ormai siamo entrati in inverno.

Grazie, ciao.

sabato 21 dicembre 2013

E facciamo sta classifica - Iodio

Come ogni anno, quando si avvicina la fine, fioccano le classifiche: i libri più belli, i film più belli, le canzoni più belle, i desideri per il nuovo anno, ecc.

E allora perché non farne anche una mia, di classifica?
Ecco.

Però una classifica delle cose belle non voglio farla, forse non so neanche farla, non ho ancora imparato a considerare le cose belle come reali e non strane eccezioni che in realtà non mi riguardano e non sono fatte per me e se mi capitano è solo un caso, un errore, uno scherzo o che ne so. Quindi vorrei fare una classifica di cose da lasciare sul pavimento il 31 dicembre, prima di fare un bel passo nell'anno nuovo, girarmi e fare un poco signorile gesto del'ombrello. Tiè.

Tra le tante cose che si possono classificare ho scelto le parole, perché le parole sono importanti, importantissime e troppo spesso sono trattate male, usate male, violentate, frullate e mescolate per diventare terribili mode.
Usare male le parole ci porta a pensare male e soprattutto a esprimerci male, dire una cosa per un'altra e, ancora peggio, dire tutti le stesse cose perché va di moda.

E allora, ecco la mia classifica: parole e modi di dire che ioveramentenoncelapossofare ma ODIO:

  1. Bellavita
  2. Top
  3. Agile
  4. Che stile
  5. Tanta roba
  6. "Te" al posto di tu
  7. Talento 
  8. Assolutissimamente
  9. Processo
  10. Pettinato

Durante la lettura si consiglia l'ascolto di:


giovedì 19 dicembre 2013

La letterina

Ero già pronta a pubblicare la mia letterina a Babbo Natale con le mie richieste sgangherate, con  riferimenti a quella dell'anno scorso, alle braccia tatuate che avevo chiesto e ho effettivamente avuto, con una lista di caratteristiche extra oltre al cervello fino (tipo il non esser sposati-fidanzati-separati-con-figli-a-carico) ma no, non lo farò.
Quella letterina resterà tra le bozze e nessun babbo natale la leggerà mai, perché la verità è che
 IO - NON - VOGLIO - NIENTE. 


Anzi, una cosa sì: vorrei piangere solo per le cose belle.


mercoledì 11 dicembre 2013

People are Strange

È più o meno da quando ho memoria che sento associare a me stessa l'aggettivo strana. A dirla tutta, però, io mi sento solo io. Né strana, né normale. 
Io.
Quella che lavora all'uncinetto.
Quella che va a ballare boogie. 
Quella che voleva fare la fotografa ma poi le hanno detto di pensare a studiare e allora ha studiato - altro.
Quella che compra oggetti vecchi solo perché li trova belli.
Quella che in autunno raccoglie le foglie secche perché trova belle anche quelle.
Quella che ama le librerie più dei negozi di abbigliamento.
Quella che compra stampini a forma di dinosauri perché è carino usarli quando si hanno amici a cena.
Quella che vuole sempre tagliarsi i capelli ma non ne ha il coraggio. 
Quella che si vergogna dei suoi occhi grandi.
Quella che vorrebbe sapere perché, alla fine, è così strana.


Durante la lettura si consiglia l'ascolto di:


Per gli abruzzesi si consiglia anche: 


mercoledì 20 novembre 2013

17 giorni di astinenza

E' da tanto che non scrivo, esattamente da 17 giorni, e sto bene. Mi sento come se mi fossi svuotata e ora mi ritrovo così, senza un granché di cui scrivere o parlare. Allora mi sono chiesta: come scelgo gli argomenti di cui scrivere? Perché di una cosa scrivo e di un'altra no? 

Non lo so. 

Ho realizzato, però, di aver scritto parole su parole sull'uomo stronzo dalle gambe belle e nessuna su un'altra persona che, nell'ultimo anno, è stata altrettanto presente nella mia vita. Nessuna parola fino a qualche giorno fa quando, appoggiata alle mattonelle del bagno, mi hanno detto che c'è una che lo defisce il suo fidanzato. Quindi sono tornata al mio posto, ho aperto word e ho scritto questo:

Non ha le gambe belle. Non ha la bici bella. Non ha tatuaggi. Non è – almeno visibilmente -stronzo. Non si porta appresso una scia di fascino irresistibile. Non ha in testa un'insegna luminosa e lampeggiante con scritto MASCHIO.
Eppure.
Eppure gli hai permesso di avvicinarsi a te.
Eppure gli hai permesso di mangiare a casa tua, con te.
Eppure gli hai permesso di dormire a casa sua, con te.
Eppure gli hai permesso di andare in giro in motorino, il sabato mattina, con te.
Eppure gli hai permesso di dirti che sei bella.
Eppure gli hai permesso di baciarti nel bagno della balera.  

Io non lo so perché una cosa la scrivo e un'altra no, però so che questa è l'unica cosa che scriverò su di lui perché ho nostalgia di quando scendevo in pigiama ad aprigli il cancello per fargli parcheggiare il motorino in cortile. 
Ho nostalgia di quando mi diceva che gli lasciavo un sacco di capelli per casa. 
Ho nostalgia di quando, di notte, aprivo gli occhi e non era andato via.





domenica 3 novembre 2013

Le mutande coi pupazzetti




Quando ero piccola, desideravo molto le mutande con i pupazzetti. Mi sarebbero andate bene anche con degli altri disegni, a dire la verità: tutto tranne le solite mutande bianche che, tra le altre cose, ero l’unica a indossare.

Noi femmine iniziamo subito ad andare in bagno minimominimo in due e alle elementari, se la maestra era buona, ci faceva andare anche in 3. E lì, chiuse nel bagno, una faceva la pipì, una reggeva la porta (anche se c’era il comesichiama per chiuderla) e un’altra stava lì a non fare niente. Ecco, tranne quando toccava a me fare la pipì, io stavo lì a tenere la porta o a non fare niente e guardavo le mutande delle mie amichette. Erano bellissime, tutte colorate e piene di disegni. Mi piacevano in particolar modo quelle di Giorgia con i palloncini tutti colorati. Mi mettevano allegria tutti quei palloncini, ed ero sicura che sarebbero stati bene anche sulle mie, di mutande.
Le desideravo tanto al posto delle mie tristissime mutande bianche, tutte uguali, tutti i giorni.

Così un giorno mi sono fatta coraggio e ho detto alla mamma che mi sarebbe piaciuto tanto avere delle mutande con i pupazzetti. La sua risposta non me la rcordo, ma ricordo molto bene la sensazione di tristezza che ne seguì.
Niente mutande con i pupazzetti.

Ora però sono grande e posso comprare tutte le mutande con i pupazzetti che voglio da aggiungere alla collezione che finora comprende:
  • ancorette blu
  • fari rossi che mi fanno pensare alla Lanterna di Genova
  • cime (per i non mariani: corde)
  • libellule rosa
  • carote
  • coniglietti
  • angurie fuxia
  • tartarughe che vanno in moto
  • ciliegie
  • piante
  • stelline
  • nuvole
  • fiori con tanto di nome in latino scritto sotto
  • figure geometriche di vario genere
E non mi importa delle 15enni zoccole che mentre io guardo le mutande con i pupazzetti ridacchiano e dicono “certo che con quelle sei veramente inchiavabile” perché, poverine, non sanno di che cosa parlano e poi io volevo le mutande con i pupazzetti.

Volevo le mutande con i pupazzetti e adesso ce le ho.

giovedì 24 ottobre 2013

Karma in coma

Diluvia.

Il motorino decide che no, non vuole proprio partire. Nonono.

Ti si strappa un'unghia fino a lì dove vedi la carne.

Vai a ballare e il corso precedente, come al solito, sfora di un bel po'. Entri per cambiarti le scarpe e un tizio ti dice di aspettare fuori visto che stanno ancora ballando. Lo incenerisci con lo sguardo dicendo che sono le 9.20 e sarebbe ora di interrompere la lezione, lui blatera qualcosa venendoti appresso e poi ti ci ritrovi a ballare insieme.
E' lui il ballerino n.4.

p.s.: Sì, era da uccidere, ma poi ha detto "con te si balla bene, SEI LEGGERA", e allora che fai, non lo perdoni?


martedì 22 ottobre 2013

Per distrarmi, conto

Mi fa quasi tenerezza l'attenzione che ha nell'assicurarsi di salutarmi. Appena mi vede arrivare resta lì, impalato, e mi fissa finché non gli pianto gli occhi negli occhi. A quel punto sorride e mi dice un bel ciao, di quelli decisi, diretti  e a voce alta che ti impediscono di far finta di niente.Quindi dico il mio ciao anch'io (perché non sta bene non rispondere all'uomo con le brutte cravatte a righe) poi abbasso gli occhi e restiamo lì, fianco a fianco, muti, finché uno dei due non riprende la sua strada.

Quando siamo vicini, corpo e cervello (miei) vanno in stand by, respiro piano piano per non risvegliarli e, per distrarmi, conto. Conto le cose, quelle che capitano: alberi, mattonelle, persone vestite di blu, persone che camminano col casco in testa, respiri, pulsanti dell'ascensore. Tutto quello che si può contare, io lo conto.

Conto per non pensare che la premura di quel ciao è il capolinea, arrivato dopo tante discussioni, tanta rabbia, tanta dolcezza, tanto tempo perso e dopo la sua scelta ricaduta -chettelodicoaffà- su un'altra. E non m'importa se per lui una vale l'altra, se sta bene come potrebbe stare bene con chiunque, se non è cintura nera di fedeltà, se è triste perché avrebbe voluto conoscermi prima o se indossa cravatte di merda.
Conta che non mi abbia voluta.

E allora quel ciao così pieno di attenzione cancella ore e ore di riflessioni, di prese di consapevolezza, di confronti, di vaffanculo scritti, urlati e sussurrati.

Cancella tutto e io, con la premura di quel ciao, ricomincio a contare.

lunedì 21 ottobre 2013

Ordine fuori, ordine dentro.

Non sono mai stata una persona particolarmente ordinata: vivo bene nel mio disordine, trovo comodo avere tutte le cose che mi servono a portata di mano e non mi disturba avere 3 o 4 paia di scarpe in giro per casa. Sta tutto lì, se mi serve lo uso altrimenti lo ignoro. Arriva sempre un momento, però, in cui quel disordine diventa insopportabile,  troppo simile ai pensieri disordinati che ho nella testa. Inizia, allora, l'operazione ordine fuori-ordine dentro. 
Quando arriva l'operazione ordine fuori - ordine dentro significa che ho bisogno di ordine, simmetria, scarpe appaiate, tavolini allineati, cappotti nell'armadio, posate nel primo cassetto, piatti nel quarto ripiano della vetrinetta - quella a sinistra - e via dicendo.
Riordinare - e pulire- fuori, mi regala l'illusione di pulire e riordinare anche dentro. Strofinare, sciacquare, insaponare, piegare, mettere via oggetti, vestiti e cianfrusaglie varie è come farlo con i pensieri. Una forchetta nel cassetto = un pensiero nel cassetto. Un paio di scarpe nella scarpiera = un pensiero nella scarpiera. E così via. 
Alla fine del rituale ordine fuori-ordine dentro i pensieri disordinati se ne stanno profumati al loro posto e ci restano per qualche tempo, fino a che, probabilmente annoiati, non torneranno da me. E allora io li accoglierò, li nutrirò e li terrò con me. Fino al prossimo rituale.

sabato 12 ottobre 2013

Quella curva che significa casa

Casa mia dista quasi 600 km da Milano dove sono tornata a vivere, con poca convinzione, nel gennaio di 3 anni fa (tra le 20 cose che avevo giurato di non fare mai)
Tornare a casa, quindi, significa annaspare tra i pessimi treni di trenitalia, sperare in tariffe agevolate di Alitalia, farsi stordire dagli assistenti di volo Ryanair o pregare S. Ambrogio di non farti restare bloccato in tangenziale. Significa anche sorridere a chi ti guarda con gli occhi fuori dalle orbite e ti dice: "Certo che è uno sbatti fare tutta quella strada solo per un weekend". 
Ebbene, no, non è uno sbatti, perché non c'è niente di più bello che fare quella curva, sul mare, e vedere apparire il porto di Ancona.
Manca ancora un po' a casa ma, il porto di Ancona, significa casa. Ed è bellissimo.

martedì 8 ottobre 2013

Non lo farò mai.


Mentre vagavo per il supermercato con il casco in testa mi sono vista riflessa nella vetrina, mi sono guardata e mi sono detta: “Sei veramente una scema”. Sì, perché fino a che non ho avuto un motorino, cioè fino a sabato, ho sempre pensato che andare in giro col casco fosse una di quelle cose che non avrei mai fatto. Allora ho iniziato a pensare a tutte le cose che avevo detto che non avrei mai fatto. Ecco qui, come se vi interessasse:

1.     tornare a vivere a milano
2.     fumare
3.     fare la ceretta dall’estetista
4.     fare la ceretta all’inguine, dall’estetista
5.     fare le mani dall’estetista
6.     fare i piedi dall’estetista
7.     lavorare in finanza
8.     spogliare uno di 40 anni
9.     spogliare uno con dei figli
10. spogliare un collega
11. pagare per farmi mettere in ordine i pensieri
12. aprire un blog
13. smettere di fotografare
14. smettere di parlare con qualcuno
15. piangere per le brutte parole di qualcuno
16. pensare di essere stupida
17. comprare un capo d’abbigliamento leopardato
18. comprare biancheria intima di pizzo
19. mangiare seduta sul divano
20. fare i punti da 1 a 19 tutti insieme.

lunedì 30 settembre 2013

La solitudine dei numeri tondi

Numeri tondi tipo 30, che sono le candeline che ho spento giovedì scorso e che sono andata a comprare da sola, di corsa, a un'ora dalla cena, perché li volevo vedere tutti quegli anni che mi sono lasciata alle spalle. Anche il 30 scritto con la cioccolata sulla torta era molto solo e molto triste.

"Che cosa ci scriviamo sulla torta?" - mi ha chiesto martedì la pasticcera. "Niente", ho risposto io. E che ci devo scrivere sulla mia torta di compleanno? Auguri, forse? Che me li faccio da sola? Perché sì, anche la torta me la sono andata a scegliere da sola, ordinare da sola, ritirare da sola e pagare da sola. Per fortuna poi non l'ho mangiata da sola, ché quello sarebbe stato ancora più triste. 
Però, ecco, mi sembrava strano dovermi scrivere da sola qualcosa sulla torta, così ho scelto di sottolineare il fatto che gli anni a sto giro fossero proprio 30.

Tondi e soli, come me.




martedì 24 settembre 2013

Fidati di me. Ne riparliamo in Autunno.

Antefatto: 7 agosto
Fare la valigia = odio profondo. E' più forte di me, faccio liste su liste e poi mi ritrovo a poche ore dalla partenza con il letto pieno di roba e la valigia vuota. Anche quest'anno, nel rispetto della migliore tradizione, ho fatto così.
"Mercoledì sera sto a casa e la faccio", ho pensato. E mentre mercoledì pomeriggio compilavo l'ennesima lista mentale, lui mi scrive. "A che ora è permesso l'ingresso?".
Cazzo.
"Mi fa piacere se ci salutiamo prima delle vacanze", aveva detto, ma chi ci crede a quello che dice? Invece eccolo lì, che gironzola per casa mia con il suo abito blu che mi piace tantissimo e che non si toglierà.
Recita con poca convinzione il discorso che si è preparato, mi stringe forte forte e poi scatta come una molla. "Me ne devo andare". Prima di scappare, però, mi bacia e dice "Fidati di me, ne riparliamo in autunno".

Mah.

23 settembre: Autunno 
Leggere e camminare = amore profondo.
Non ho mai perso il vizio di  leggere camminando e lo faccio anche oggi. Vado avanti spedita e ogni tanto alzo gli occhi giusto per evitare pali in fronte e merde di cane. Oggi però, sulla mia strada non ho incrociato una merda ma LA merda che si lancia nel suo solito sorriso IoSoFigo, e quanta sorpresa quando si vede ricambiato da una serie di fulmini che in confronto Zeus è un ragazzino che spara miniciccioli! Povera stella, ci sarà rimasto male? Comunque lo mando affanculo a denti stretti e me ne vado, contando più o meno fino a 10.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
CipCip (sì,  lo so, è una suoneria di merda)
"Giornata storta?"

Allora, tesoro mio grandissimo, l'autunno è lungo. Invece di tirare fuori sta cazzata così, a inizio stagione, prenditi il tuo tempo e ripresentati quando ti sarà venuta in mente una cosa più decente da dire. 

giovedì 12 settembre 2013

Avere un uomo per casa


Avere un uomo per casa significa tante cose. Ad esempio, avere qualcuno che sistemi la tapparella quando la mattina, ancora addormentata, non realizzi che è già su e, tirando la cinta con tutta la forza che hai in corpo, la fai entrare nel cassone.
Potrebbe significare avere il lavandino del bagno sempre a posto e tutte le lampadine che funzionano, insieme, nello stesso momento.
In alcuni casi potrebbe significare avere sempre il frigorifero pieno, “perché non posso dargli da mangiare la mozzarella spaccata”.
Bene. E’ tutto meraviglioso.
Per me, però, avere un uomo per casa significa questo:

1. non avere più un divano 


2. vedere il proprio tappetino del bagno trasformato in zerbino

3. non avere più un tavolino

4. non avere più il tonno della zia

Entusiasmante, no? 

sabato 15 giugno 2013

L'uomo Che Non Può.

Probabilmente Stronzo sarebbe un nomignolo più adatto ma le parolacce non si possono dire e allora, pensa che ti ripensa, mi è venuto in mente questo bellissimo soprannome: L'Uomo Che Non Può. Sì, perché questo qua è proprio L'Uomo Che Non Può e non immaginate che delusione per una che a 5 anni guardava in TV lo spot dell' uomo che non deve chiedere mai e si era fatta chissà quali strane idee. MA DE CHE. Forse l'evoluzione della specie ha voluto che  l'uomo di fine anni '80 non dovesse chiedere mai e quello odierno PROPRIOPROPRIO non può. E chi lo sa.
Fatto sta che questo qua prima è tutto un Non Posso, e sembra pure bello convinto, poi forse se ne dimentica ma a quel punto non può mica abbandonare la sua frase preferita? Giammai! Allora passa dal Non Posso al Non Posso Smettere e poi, forse chissà, per nostalgia del suo status naturale, torna al Non Posso.
Ma come, un'altra volta? Ebbene sì, un'altra volta.
Però, darling, stai serena: ne parleremo, di persona, un giorno.

sabato 6 aprile 2013

3.32. Quella notte in cui ho pensato di morire

Quel giorno c'era una strana atmosfera. Il cielo e il mare avevano dei colori troppo accesi per essere solo l'inizio di aprile e c'era silenzio, uno strano silenzio.
Io mi stavo preparando per andare a Gerusalemme, città che desideravo vedere da tanto tempo, ed ero felice. A sporcare la mia serenità e la calma di quella giornata c'erano solo quelle scosse che, sempre più forti, si facevano sentire anche sulla costa e a casa mia, al sesto piano di un palazzo in cemento armato, si ballava già parecchio.
© Valerio Berdini

Non ricordo dove fossi e come reagii alla scossa delle 23: quella successiva, quella delle 3.32, ha cancellato tutti i ricordi.
Nella mia testa sono rimasti solo il rumore della terra, che se ci penso adesso mi ha spaventata come da piccola mi spaventava l'idea del Nulla ne La Storia Infinita, lo scricchiolio dei vetri e la collana tribale indiana che mi è caduta in testa.
Mi sono alzata e sono corsa nella stanza dei miei genitori con un unico pensiero: "Adesso crolla tutto e muoio. Adesso crolla tutto e muoio". E non avevo nessuna intenzione di morire da sola.

Casa mia non è crollata e non sono morta. Sono morte molte altre persone, ciascuna con la sua storia, la sua famiglia, le sue scarpe da tennis e i suoi libri sul comodino. Tutto svanito in 30 secondi.
E' a loro che oggi va il mio pensiero, e anche a chi è rimasto e continua a vivere con il peso di quei 30 secondi sul cuore.
E a L'Aquila, bella, bellissima città, con le ali ancora ferite ma che deve tornare a volare.

venerdì 29 marzo 2013

Il nervoso che secca i pensieri

Non so se capita anche a voi ma a me, se mi prende il nervoso, mi si seccano i pensieri. Non tutti, devo dire, ma quelli che mi piacciono di più - ovviamente.

Se mi prende il nervoso perdo la mia proverbiale ironia acidella per trasformarmi in una caffettiera che brontola tra sé e sé. Una noia mortale.
Quindi, ecco, non scriverò niente.

Niente, tranne che le feste comandate mi portano sfiga, che babbo natale è uno stronzo e che stasera me ne vado al mare. Pappappero.

venerdì 15 marzo 2013

Bionde si nasce (e io non lo nacqui)

Che cosa si intende, nella pratica, per "essere bionda" o "fare la bionda"? Vorrei che chi si impegna a ripetermelo in continuazione si impegnasse anche a farmi un corso di bionditudine perché io, mi pare chiaro, non sono in grado di capirlo da sola.
Eppure c'è stato un tempo in cui anche io ho fatto parte di quel club esclusivo. Non ne ho particolari ricordi, se non qualche foto a colori di una scoreggina con braccioli gialli e fiocchetto in testa che faceva il bagno allegramente e sorrideva alla macchina fotografica. Significa forse questo, essere bionda? Avere un fiocco in testa e sorridere alla macchina fotografica? 

No perché io, stamattina, mentre lui mi guardava fissa negli occhi e mi sorrideva, sono andata dritta a sbattere contro una porta. Io.

giovedì 14 febbraio 2013

lunedì 11 febbraio 2013

Vuoi che muoro?

Antipasto
Tortino di settimana amara confit con vinaigrette à la francaise 
(senape e limone)

Primo
Vellutata di Mamma agguerrita e leggermente piccante

Secondo
Suprème di allenamento massacrante e patate fritte -tante

Dolce
Dream of sorci verdi -ossia lui, con cucciolo biondino in braccio che ti sorride e dice "siamo qui a fare un giro con mia moglie"


Bon Appetit


La prossima volta, my dear, mangia più leggero, ché se questo lo do a mio cane, ti piscia su gamba.

martedì 5 febbraio 2013

Pece e ossigeno

La pece mi servirebbe per coprirmi gli occhi, come nel sogno che ho fatto stanotte, così da non vederlo più quando c’è, ma anche così da non vedere quando non c’è. E poi mi salverebbe anche da tutti quelli che mamma mia che occhi che hai!

L’ossigeno, invece, mi aiuterebbe a respirare perché quando c’è mi guarda in quel modo che non riesco a gestire (tendenzialmente inciampo, mi cadono le cose dalle mani e dico cose inopportune come che per uccidere in maniera rapida e indolore i pesci appena pescati basta gli si pianti un coltello in mezzo agli occhi et voilà.).

Mi serve anche per coprire il suo odore, l’ossigeno, e per tenere la bocca chiusa. 

domenica 20 gennaio 2013

La ceretta del venerdì sera


Le persone normali il venerdì scappano dall’ufficio per, non so, partire per un week end in montagna o in una città d’arte, tornare a casa se fuori sede oppure semplicemente per cambiarsi e poi uscire con i loro fidanzati, gli amici e i fidanzati degli amici. Sì insomma quei grupponi di gente che viaggia in coppia manco fossero una classe di prima elementare in gita scolastica.
Vabbè, io invece non avendo né un fidanzato né gli amici del fidanzato con cui uscire, venerdì sono scappata dall’ufficio per andare a fare la ceretta. Unico posto disponibile della settimana alle ore 20.00. Bene. E mentre ero lì sul lettino ho pensato:
  1. dovevo fare l’estetista
  2. dovevo fare l’estetista, ma senza ceretta all’inguine
  3.  la tua estetista ti conosce come nessuno mai nel corso di tutta la tua vita quindi, cari maschietti, fatevene una ragione: bene che vi vada, arriverete secondi
  4.  ma perché la tua amica estetista deve uscire mentre ti spogli e ti infili le mutandine di carta se poi ti farà fare quello che ti farà fare e le mutande di carta diventeranno solo un impiccio?
  5. COMUNQUE ODDIO CHE MALE!
  6. che bello sarebbe se tornassero di moda gli anni ‘70
P.s.: comunque poi non è che sono rimasta a casa, eh, sono andata a cena fuori pure io e in un posto bellissimo pieno di lucine.

sabato 5 gennaio 2013

Quando è no, è no. Forse.


La nuova serie è alle porte, ecco un riassunto delle puntate precedenti.

Puntata 1: Tu vedi lui – lui non vede te
Quando: dicembre 2011. Dove: a una festa. Cosa: una tua amica dice “Guardalo, è lui.” Tu ti giri e lo vedi: giovanile, senza giacca, maniche di camicia tirate su e mani addosso a una ventenne. Raccogli il tuo bicchiere e prosegui.

Puntata 2: Tu vedi lui- lui vede te
Quando: febbraio 2012. Dove: per strada. Cosa: tu sei vestita di rosso, lui no. Lui sta per salire in macchina, ti vede e si ferma. Tu gli sorridi, lui va via. Bene.

Puntata 3: Se ti piacciono i pesci
Quando: maggio 2012. Dove: al porto. Cosa: “In questi posti si mangia bene, ma vacci sul presto”, ti consiglia. Tu sai già che non ci andrai ma ti piace guardarlo mentre sfoglia la rubrica di carta. Alla fine andrai all’acquario e al ritorno gli racconterai che è bellissimo, c’è una vasca con i pesci di Nemo, e poi ci sono i pinguini e poi le meduse fosforescenti e poi…
“Beh, se ti piacciono i pesci”- ti risponde.

Puntanta 4: Ci vediamo o no?
Quando: maggio 2012. Dove: al chiuso. Cosa: ti avvicini e sputi fuori un “Ti va una birra?”
Lui risponde, nell’ordine:
·      !”%&/)(/&%
·      Quando, stasera?
·      Non posso, devo andare da mia madre
·      Mi spiace
·      Mi spiace
·      Si è rotta un piede
·      Hem
·      Heeeeeeeeem
·      Il gatto
·      Facciamo un’altra volta
·      Scusa
·      Mi spiace
·      Facciamo settimana prossima?

Tu prima gli cancelli la memoria con un Oblivion, poi sublimi.

Puntata 5: Vi dovevate vedere ma poi no
Quando: giugno 2012. Dove: all’aperto. Cosa: dovevate fare una cosa insieme, poi lui all’ultimo momento si scusa ma proprio non può venire e tu fai finta di non esserci rimasta male.

Puntata 6: Che bella bicicletta
Quando: luglio 2012. Dove: in giro. Cosa: lo vedi e ammutolisci. Ce l’hai un po’ con lui e non ti interessa darlo a vedere. Mentre litighi con la catena della tua bici e lo insulti mentalmente senti un campanello suonare. Alzi lo sguardo e lo vedi che, dalla sua fichissima bicicletta, ti saluta sorridente con la sua borsa di tela rosa a tracolla. “E’ una bici complicata, magari un giorno te la faccio provare”. Vaffanculo tu, la tua bici azzurra e la tua borsa rosa. Convivo da quasi 30 anni con me stessa, una bici da uomo con freni a bacchetta non mi spaventa per niente. Coglione.

Puntata 7: Mi vesto di rosso e non ti cago.
Quando: novembre 2012. Dove: al sole. Cosa: lui fuma e ti guarda. Tu sorridi al suo amico e passi oltre. Il giorno dopo ti telefonerà e tu non risponderai. Cretina.

Puntata 8: Non guardarmi così
Quando: dicembre 2012. Dove: davanti a una porta scorrevole. Cosa: tipica scena da film. Solo che se fosse stato un film tu saresti stata bellissima e lui, invece di restare lì a guardarti come un baccalà, sarebbe tornato indietro, correndo, e col fiatone ti avrebbe baciata. E invece no, sei rimasta a guardare il tuo riflesso con la bocca aperta e la tua piadina cotto e mozzarella nel sacchetto di carta.

Puntata 9: Non posso. Forse.
Quando: dicembre 2012. Dove: nella mie mani e un po’ anche nelle sue. Cosa: lo so e non mi interessa, bianco o a colori è la stessa cosa, non è vero, hai le sigarette? vorrei fosse così, no non posso, lo so, basta, driiin, no, hai una sigaretta, aspettami che arrivo, dove sei? posso offrirti qualcosa da bere?, no, non posso, sì, andiamo a fumare?, fumi? ti accompagno, no, non posso, aspetta, no, io vado al mare, tu? anch’io, meglio, ci vediamo, no basta, hai ragione, sì, no, testina, belè. Ciao.

Lui era una bambolina, però la lana della sua giacca era una figata.

mercoledì 2 gennaio 2013

Iniziare dalla fine

L'anno sta finendo, ok, ma a me tutta questa storia della fine, dei bilanci e dei buoni propositi mette tristezza e allora ho deciso di iniziare a usare questo spazietto che mi ero ritagliata tempo fa e avevo abbandonato alla nascita.

L'ho chiamato Molliche in onore di "Non smollicare!", una delle frasi cult di mia madre, perchè qui posso smollicare quanto mi pare e senza ansie. Olè. 
Non so bene qualse sarà la sua evoluzione ma intanto è qui e sono certa che sarà un po' come un bel mucchietto di molliche, tutte di diversa forma e grandezza ma tutte appartenenti alla stessa pagnotta. Staremo a vedere cosa verrà fuori.

Concludendo, visto che è sempre l'ultimo giorno dell'anno e un po' di sdolcinatezza (?) ci sta sempre bene, ci terrei ad abbracciare forte forte chi ha percorso con me questo 2012: chi c'è sempre stato, chi è arrivato da poco, chi ha dei bei polpacci, chi è sempre in ritardo e chi è stato stronzo.